La basilica paleocristiana
L'esistenza di una ecclesia cathedralis uchitana almeno per il periodo compreso tra gli inizi del V e la metà del VII secolo era imposta dalla menzione di un Octavianus, vescovo della plebs Uci Maioris, tra i sottoscrittori della conferenza di Cartagine del 411, citato senza un competitore donatista, di un Gaius scampato con la fuga all'esilio comminatogli dal re vandalo Unnerico nel 484, e di un Tripolius, documentato nel 646. La tardività dell'istituzione di una sede vescovile a Uchi Maius, forse gemmata dalla diocesi di Tibari, nota sin dal 256, deve essere posta in rapporto con la fioritura di nuove diocesi cattoliche che precedette la conferenza cartaginese del 411 in funzione della necessità di controbilanciare l'istituzione di vescovati donatisti.
Testimonianza diretta della comunità cristiana di Uchi Maius tra il IV e il VI secolo è costituita dagli epitafi, purtroppo in gran parte decontestualizzati dalle rispettive sepolture, di undici individui, Basilius, Dativus, Espedita, Eulalia, Gelia, Iulia Maiorica, Maximiliana, Porfyrius, Sorica, la cui onomastica rivela innanzitutto i culti martiriali africani, ma anche romani e in genere dell'orbis christianus. Rilevante appare la presenza di iscrizioni funerarie cristiane nei centri minori del territorio di Uchi Maius, quali Faid el - Ouaya (dove è attestato un Derisor), El Gennara (con un personaggio maschile dal nome lacunoso) e probabilmente Rihana (con una Nicasia, scolastica) che segna una diffusione capillare del cristianesimo nelle aree rurali uchitane.
Le indagini archeologiche condotte in prossimità di un marabout sede di un santuario islamico, dal 2000 al 2002 hanno rimesso in luce un'ampia basilica, scavata solamente nel suo settore orientale considerando che su gran parte dell'edificio cristiano insiste lo stesso marabout, mentre parte dell'estrema navata a nord è occupata da un cimitero islamico, ancora in uso. L'intero impianto della basilica è comunque ricostruibile, almeno nelle sue dimensioni, considerando che parte del muro di facciata è stato individuato presso i limiti di un altro saggio di scavo che ha rimesso in luce un arco onorario; le indagini archeologiche hanno inoltre consentito di leggere che la basilica ebbe almeno una fase di ristrutturazione che seguì la primitiva fase costruttiva.
La basilica di Uchi Maius, forse la ecclesia cathedralis della comunità cattolica uchitana, rivela un impianto longitudinale, di m 20,85 di lunghezza per m 19,00 di larghezza, suddiviso in cinque navate, con un'abside inscritta entro un muro rettilineo. Le navate erano suddivise da colonne di spoglio che riutilizzavano basi di tipo differente e dotate di capitelli corinzi a foglie lisce, ugualmente di riuso; le colonne poggiavano su stilobati costituiti da grandi blocchi in calcare. Sempre in calcare sono una serie di blocchi di forma allungata, inseriti nel pavimento, che recano gli incavi nei quali dovevano essere inseriti plutei o transenne; questi rendono possibile ricostruire l'organizzazione degli spazi liturgici nella zona presbiteriale e nel coro.
La pavimentazione della basilica è costituita sia nella fase originaria, sia nella seconda fase da un tappeto musivo policromo con tesserae litiche e in pasta vitrea. La pavimentazione musiva della prima fase, in tesserae di grandi dimensioni (frequenza: 28/30 per dmq) è residua parzialmente nella navata centrale, nella fascia degli intercolumni tra la nave centrale e la prima navatella laterale destra e in quest'ultima navatella; tale decorazione musiva è differenziata nelle varie parti della basilica, anche se i motivi attingono sempre ad un repertorio geometrico. La cronologia del primo tappeto musivo è basata sia sul terminus ante quem costituito dal mosaico più recente, riportabile forse alla seconda metà del V - inizi VI secolo, sia sui confronti africani, che consentono di datare la prima fase pavimentale nell'ambito del V secolo. La pavimentazione musiva più tarda, superstite esclusivamente in una modesta porzione nella nave centrale, è caratterizzata dall'uso di tesserae di piccole dimensioni, che compongono ancora una volta motivi geometrici variati. Il rinvenimento di un numero ingentissimo di tessere musive in pasta vitrea di piccolissime dimensioni nell'area dell'abside può indiziare la decorazione musiva del catino absidale, mentre assume uno straordinario rilievo il rinvenimento di un medaglione in stucco, pertinente alla decorazione parietale, che reca una colomba a rilievo con le ali sottolineate da tessere musive in pasta vitrea, sormontata da una croce ugualmente definita da tessere di mosaico.
L'abbandono dell'edificio si pone in contemporanea con la ruralizzazione dell'ambito urbano di Uchi Maius, forse intorno alla seconda metà del VII secolo a.C. La ripresa di un insediamento organizzato potrebbe ascriversi ad età aghlabide, forse con la costruzione di una moschea (individuabile nell'odierno marabout), che comportò l'apertura di profonde fosse di spoglio dei materiali architettonici e strutturali della basilica, per la loro riutilizzazione nell'edificio sacro islamico.
Pier Giorgio Spanu, Raimondo Zucca
Testo tratto dal catalogo della mostra "La collina dei sotterranei. Un decennio di scavi in Tunisia" (Sassari, Tunisi, Rabat 2004).