I frantoi

Frantoi

Numerose emergenze relative a impianti produttivi ubicati all'interno della città erano state notate sin dalle prime ricognizioni; si trattava di basi di pressa, contrappesi, vaschette ed altri elementi sicuramente pertinenti ad oleifici, che in molti casi erano stati ricavati da basi di statue, cippi, are, che in qualche caso vennero a loro volta reimpiegati nelle fortificazioni bizantine e in edifici medievali. In alcuni casi era possibile comprendere la planimetria dei frantoi, dal momento che le strutture erano ricoperte solo da un sottile strato di humus.

Il proliferare di oleifici nelle città africane, segnatamente in Proconsularis, Byzacena e Numidia, è un fenomeno ben attestato nella tarda antichità; gli impianti si insediano spesso all'interno di costruzioni già esistenti, in molti casi di edifici pubblici che, al momento del riuso, hanno perso la funzione iniziale, ed è frequente il reimpiego di elementi lapidei lavorati.
Tra i numerosissimi esempi che si possono citare in proposito, basti pensare al frantoio di Thuburbo Maius, ricavato all'interno del basamento del capitolium, e a quelli di Musti. L'eccezionale conservazione delle stratificazioni di Uchi Maius, dovuta al fatto che sul sito non si è sviluppato un abitato moderno e all'assenza di scavi precedenti, rende particolarmente proficue le indagini sulle fasi tardo antiche e post classiche dell'abitato, ha suggerito di avviare un programma di ricerca sugli oleifici, articolato in più punti: catalogo tipologico degli elementi sporadici; censimento di tutti gli impianti visibili; scavo mirato di alcuni complessi, al fine di stabilirne tipologia e funzionamento e di ottenere elementi cronologici sulla loro nascita e durata in attività.

L'obiettivo, ambizioso, non era solo quello di una migliore conoscenza della vita economica di Uchi Maius in età vandala e bizantina, ma anche quello di fornire dati certi che potessero essere utili a comprendere con maggior precisione modi, tempi e cause di un fenomeno che si riscontra quasi ovunque nelle città africane in questo periodo. L'esistenza di un gran numero di oleifici nel territorio di Thugga, a conferma della profonda diversità del paesaggio antico da quello contemporaneo, rendeva ancor più necessaria tale indagine.

L'area sud orientale della città subisce nella tarda antichità una profonda trasformazione, divenendo una sorta di quartiere degli oleifici. La presenza di contrappesi e di altri elementi di frantoio, non necessariamente in reimpiego, in altri settori dell'abitato, non consente tuttavia di escludere l'esistenza di siffatti impianti anche altrove.

Quanto al funzionamento dei frantoi di Uchi Maius, è da segnalare in primo luogo l'esiguo numero di elementi in pietra relativi alla prima fase di lavorazione, che consiste nello snocciolamento delle olive, rinvenuti nei sondaggi o individuati sul sito. Le presse erano del tipo a leva: i fiscoli che contenevano la pasta di olive venivano impilati sulla base di pressa, una grande lastra di arenaria provvista di un solco circolare da cui ne partivano altri, che consentivano all'olio di defluire nelle vasche di decantazione poste ad una quota inferiore. La pressione era esercitata da un grande trave ligneo, il prelum, azionato da un argano che era ancorato a un contrappeso costituito da un grosso blocco di calcare o di arenaria. La testa del prelum era inserita in una cavità verticale praticata nel muro del vano nel quale era situata la base di pressa; nella cavità, in accordo con il movimento discendente o ascendente provocato dall'argano, venivano introdotti spessori lignei al di sopra o al di sotto del prelum per fissarne la posizione. Ambienti appositi servivano per la conservazione delle olive e per le fasi di decantazione dell'olio. Per quanto concerne la cronologia, va innanzi tutto sottolineata la difficoltà di ottenere datazioni precise da ceramiche ancora poco conosciute; si può comunque collocare in un orizzonte cronologico tardo vandalo-bizantino la cessazione dell'attività di tali strutture, come sembrano indicare i materiali e le trasformazioni d'uso constatabili in alcuni dei complessi scavati.

Area 22.000
Lo scavo ha interessato un impianto in buono stato di conservazione, costituito da due vani adiacenti, uno dei quali ospitava un'ampia superficie di spremitura rivestita con lastre in gran parte di reimpiego; nell'altro si trovavano il contrappeso, due bacini di decantazione in calcare e una cisterna in muratura. Un terzo ambiente, collegato ai precedenti, era un vano di servizio o un magazzino. Il basamento parallelepipedo di una statua dedicata ex testamento da un Q. Apronio Vitale intorno alla fine del II - inizi del III s. d.C. venne utilizzato in un primo tempo come contrappeso; successivamente venne inserito nella muratura per costituire la base della cavità che alloggiava la testa del prelum.
Gli impianti individuati nelle aree 23.000 e 26.000 sono dello stesso tipo.
Area 24.000
Il complesso è costituito, nella fase finale, da almeno 7 presse in batteria e da un sistema di vasche in muratura rivestite di cocciopesto e di bacini di decantazione in pietra posti ad una quota inferiore. La presenza di strutture affioranti e di blocchi sporadici sembra suggerire l'esistenza di altri torchi più a E.
Il nucleo originario era costituito da due presse affiancate, i cui contrappesi erano in un vano pavimentato da un mosaico con tessere di calcare. In età bizantina nell'area si impiantò un cimitero, mentre le strutture del frantoio vennero probabilmente adibite ad altre funzioni, come testimoniano alcuni muri che ad esse si sovrapposero.
Area 2.200
Nell'area corrispondente al foro della città romana lo scavo ha permesso di constatare la riconversione in senso produttivo di alcuni ambienti che si aprivano sul lato settentrionale del colonnato che circondava la piazza. Il frantoio si ottenne dividendo una grande sala e riutilizzando come contrappeso, blocco per l'incastro della testa del prelum e vasche, monumenti evidentemente non più in uso che furono parzialmente rilavorati: due basi modanate, coronate entrambe da un frontone, pertinenti alle statue di Faustina (161-163 d.C.) e Lucilla (164 d.C. c.), un sarcofago a vasca non decorato (o non finito) e un'altra base recante una dedica pro salute di Severo Alessandro (230 d.C.), escavata sul lato iscritto. Infine, per fornire un solido ancoraggio al contrappeso ricavato dalla base di Lucilla, che è stato scoperto in situ nel vano più interno, vennero utilizzati, al di sotto del piano d'uso del frantoio, elementi del portico, che in questo momento doveva essere almeno in parte rovinato. Area 25.000. L'area, ubicata all'estremità orientale dell'abitato e comprendente una porzione delle mura, ha restituito importanti testimonianze di età bizantina, segnatamente tombe. Le strutture di questo periodo hanno distrutto quasi completamente un precedente oleificio, di cui restano labili tracce: fondi di vasche in muratura ed elementi lapidei, talvolta di reimpiego, come il contrappeso ricavato dalla base modanata in calcare della statua offerta a C. Mamio Vettio Agrio Emiliano nel IV s. d.C. Alcuni blocchi pertinenti a questo frantoio furono utilizzati per la costruzione della porzione della cinta adiacente.

Franco Campus, Caterina coletti, Liliana Guspini, Cinzia Vismara

Testo tratto dal catalogo della mostra "La collina dei sotterranei. Un decennio di scavi in Tunisia" (Sassari, Tunisi, Rabat 2004).